Avventura in SudTirol – Tra le Montagne di Merano

Il rituale è rispettato religiosamente, la Bortolot mobile con alla guida Marcello alle ore sei spaccate preleva in successione Robi a Revine, passeggero posteriore destro, Franco a Fregona, passeggero posteriore sinistro e Max a Serravalle, passeggero anteriore. Il rito è compiuto, l’astronave col suo equipaggio se ne vola in Valsugana e poi “Autobahn” verso i monti di Alto Adige, precisamente sopra Merano, verso il gruppo di Tessa (Textel).

Al park di Birkenwald si mettono a punto gli attrezzi per lo sbarco, un vero e proprio allunaggio: per noi tre trasportati il gruppo di Tessa non dice nulla, anzi le nostre risposte a Marcello son state: “Tessa che?” … “Tessa?! Boh!” … “Elo che, na fabrica de majete?” … “Tasse? Ancora?” …della seria andiamo sulla Luna, una luna poi che parla tedesco… ma capitano Kirk… ops, Marcello sì che sa dare spiegazioni esaurienti: il gruppo di Tessa è un gruppo di montagne al confine tra Italia/Alto Adige e Austria, vicino anche al Similaun, quindi alla Val Senales… ah… vabbè, andiamo per ordine che la luna Tessa è tutta da scoprire.
Caffè di moka e via! Si sbarca sotto il solleone e il primo sentiero è un ripido susseguirsi di tornanti che copre un notevole dislivello. Il sudore solca i nostri visi, il sale fuoriuscito servirà per la pasta… Chi si ferma è punito… pardon, perduto… nessuno dei quattro astro escursionisti ha il coraggio di fermarsi a riposare finché fortunatamente il sentiero scollina e possiamo recuperare un po’ di fiato. A denti stretti tutti ammettiamo la stanchezza e vista l’età (Ah! Ah! Ah!) decidiamo di rallentare. Nel salire il nostro sguardo era stato intercettato da una bellissima cascata (Wasserfall). Ancora salita, bosco, malga Nassereto (geschlossen) e poi un costante sentiero ben tracciato taglia il versante est del monte e prendendo quota tra rocce e prativi, pascoli e rododendri giunge nel solco vallivo del torrente dove alla sommità di un picco sorge in bella posizione il rif. Cima Fiammante (Lodnerhutte), davvero di sentinella su montagne imponenti, molto diverse dalle nostre dolomiti. Il rifugio è un toccasana: tra alzataccia, viaggio in astroauto, salita alla Pantani siamo proprio stanchi e pasta al ragù, minestrone e uova e speck, accompagnati da mezze pinte di birra ci rincuorano e ristorano e come menù diventerà una costante in quel lembo di Südtirol. Siamo proprio felici, i nostri quattro giorni assieme a godere di rocce e natura, assaporando l’accogliente atmosfera dei rifugi. E che atmosfera al Fiammante, pensavamo di parlare la nostra lingua (l’italiano, ndr… o all’occorrenza il Fregonese, o Revinese, o Vittoriese stretto) ma ahimè, in quel pezzettino d’Italia l’italiano è una chimera, e prima che entri almeno in parte nella cultura di quei luoghi saranno calende greche. E allora vai con le nostre provocazioni ludiche e scherzose con un personaggio, escursionista di Silandro, che alla sera voleva “tacar boton”. Lui giù a ridacchiare dei nostri atteggiamenti folkloristici rispetto all’ordine tassativo dei tedeschi che ci attorniavano, e noi giù a chiedergli opinioni sul legame tra l’Alto Adige e l’Austria, privilegi ecc. ecc… La risposta è che per gli altoatesini è importante mantenere la cultura tirolese in un contesto di benefici italiani, perché in Austria sarebbero come tutti gli altri e non più minoranza. Ma la toponomastica deve essere solo in lingua madre. La che?!!? Topo che?!!? Dai, dai, che se l’è sol che par i nomi se pol far de manco de ciaparsela… ciapar i nomi no, ma i schei sì però… scusate l’inflessione ma quando ci vuole ci vuole. Il personaggio comunque nella sua simpatia cantava la montanara e rimpiangeva il militare negli Alpini… indovinate perché? Perché aveva imparato l’italiano! Non a scuola! Gli ho regalato autografato Bortolot “Na cantada in compagnia” di don Giovanni Dan. Abbiamo gemellato con gli altoatesini.
Il giorno successivo gran scarpinata su e giù per un paio di valloni e forcelle fino al rif. Petrarca all’Altissimo (Stettiner Hutte). Lì l’intenzione (almeno la mia e di Marcello) era di salire in vetta all’Altissima (Hohe Wilde) ma il tempo con le nuvole ballerine ha messo il cappello alla cima, e lo à propio fracà zo quel capel, mannaggia… e così abbiam rinunciato, anzi desistito… appollaiandoci su una cima satellite e fotografando i paesaggi. La rinuncia a volte è conquista. Si conquista la consapevolezza del tornare a casa, del non oltrepassare il limite, del sapersi accontentare e della pazienza, tanto le montagne son lì (almeno fino al 2012, po’ vedaren!) che aspettano un altro momento propizio per farsi salire e scoprire. Solito ambaradan straniero attorno a noi, un rifugio molto frequentato, e solito menù, ovi e speck, pasta e minestron.
Il terzo giorno è stato campale con un acquazzone che ci ha annegato per un’ora circa di cammino, una provvidenziale malga aperta (Andelsalm) per rifocillarci e asciugarci un po’ e fare viandanti e poliglotte amicizie, un bivacco (Lammer), una discesa spacca gambe e una serie di laghetti alpini da lustrarsi gli occhi, una casera con una cameriera simpaticissima dulcis in fundo il rif. Bockerhutte (rif. dei Bechi… sich!) e lì la notte è stata comica (e stavolta le orecchie bisognerebbe tirarle ai valligiani e non ai turisti!) con un finale a sorpresa, ma è una storia lunga, ve la racconterò se ci incontreremo sui sentieri.
Tirando le somme dei Bortolot in Alto Adige possiamo dire che lassù se fa proprio fadiga a capirse, qualche sorriso latino in più non guasterebbe. Attenzione ai limon… su per di là “no i cresse” (non ci sono) e se chiedete un tè al limone aspettatevi grandi risate; il caffè della Beppina non si beve alla mattina… dimenticatevi il caffè espresso, lassù l’è quel longo longo longo, una bevanda che sa de tut fora che da caffè, ma fa ben a la pression… Lassù sulla luna Alto Adige non soffrirete la sete perché sorgenti ce n’è da vendere, così come ad ogni sorgente è abbinata una fontana con annesse panchine (a volte anche artistiche)… gli spaghetti su di là si mangiano come antipasto (?!) ed è una porzione normale, mentre la “spaghetti-grande primo” è qualcosa come mezzo chilo di pasta, provare per credere, tanto che a Massimo abbiamo scovato e appioppato il nomignolo SZSZSZ… BASTA!, dopo un suo storico e deciso BASTA! BASTA! BASTA! BAM! BAM! BAM! notturno, forse per far far silenzio a un gruppetto di giovani esaltati (sich!), forse perché stava sognando un bel piatto di pasta!
E dopo tutto ciò gli astroescursionisti con la propria autostronave se ne sono tornati sulla terra un po’ più felici e sorridenti.

Rob.ortolot

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