Errore grossolano… rincorsi dalla pioggia tra Marmolada e Cima d’Auta

Al cospetto della regina ci si toglie il cappello e ci si inchina. Di fronte alla Marmolada, alla parete sud, anche i Bortolot si immergono in un rispettoso silenzio e si complimentano con tutti gli alpinisti che hanno salito le vie che sono impresse nella roccia; quattro tra le più famose per tutte… Via dell’Ideale, Tempi Moderni, Attraverso il Pesce, Don Quixote.

 

Per noi Bortolot sarebbe un “errore grossolano” cercare di salirle; per noi escursionisti della domenica… e anche del mercoledì pomeriggio, del giovedì, venerdì, sabato (quest’anno niente domenica) è già tanto riuscire a scarpinare su e giù, in lungo e in largo sui sentieri, le vie più normali possibili. Noi ci accontentiamo di guardarle le vie che puntano all’alto, con tetti e diedri, camini e fessure…

 

 

In questo agosto 2018 Robi, Marcel, Max, Fede e Franco si son ritrovati di mercoledì in quel di Sottoguda, davanti a una fontana, intenti a ingurgitare in una battaglia a suon di morsi con un mega cocomero. Sicuramente il furgon dei trasporti Bortolot se la rideva al pensiero che di lì a pochi minuti i cinque si sarebbero incamminati in salita verso il rifugio Falier all’Ombretta. Primo “errore grossolano”… mai iniziare un tratto in salita a pancia gonfia di coco… ehm “inguria”.

 

Parcheggio del camping Marmolada (Marmellata sentito con le nostre orecchie da un tedesco ndr)… pronti via, tre secondi e inizia a piovigginare… stop, indossiamo mantelline, giacche, coprizaino, guanti ecc ecc… il tempo di arrivare al bar del camping dopo un minuto e mezzo, bere un caffè e tutto si rischiara; ritogli tutto, coprizaino compreso, fa pure caldo. Avere un po’ di pazienza farebbe evitare il secondo “errore grossolano” di stravestirsi per due gocce due di pioggia in transito.

 

Le due orette verso il Falier sono quei momenti che riconciliano alla montagna ed elaborano ogni avversità, stanchezza, stress del quotidiano. Anche noi Bortolot ci riaggiorniamo (con alcuni ci si vede solo di rado…), ce la raccontiamo, riprendiamo in mano il tempo della relazione, il filo dell’amicizia e ci perdiamo in discorsi a volte frivoli e spesso profondi e significativi… sovente ci diamo consigli che poi col passar degli anni e delle situazioni tornano utili.

 

Al rifugio c’è accoglienza misurata e gentile. Le previsioni per i giorni successivi non danno scampo, pioverà. Per noi diventa una partita, la finale mondiale tra i Bortolot e la pioggia (nel passato siamo già stati sconfitti a tavolino per ritiro e poi non ha neanche piovuto!! acciderba alla perturbazione Beatrice dell’epoca…); chi vincerà? Ormai in quanto ad allenamento e preparazione atletica… ehm più che atletica, studio di Tabacco e Arpav, le previsioni potremmo farle noi e quindi tranquilli, punteremo alla coppa del mondo di “scanso della pioggia”.

 

Il gran capo Marcel Bortolot ha elaborato i piani: itinerario A (tutto normale senza pioggia), B (fortuna vuole che con l’itinerario cambiato, la pioggia è evitata) e se serve anche il C (fuga precipitosa verso casa).

 

Un “errore grossolano” di Robi a scala quaranta sarà un simpatico leit-motiv… che non è russo o forse si… hhhmmm, un simpatico ritornello per ogni occasione di sbadataggine, fragilità, ingenuità e devo dire che gli “errori grossolani” poi si sono succeduti con goliardica continuità.

 

Giovedì è il giorno del passaggio alla base della famosa parete sud e qui mi fermo, anzi ci fermiamo a riflettere. Seduti su una roccia, guardando ammirati i rocciatori salire con corde e moschettoni in cordata, ci fa sognare ad occhi aperti e pensare al nostro glossario di arrampicata. Ai nostri DIEDRI, quanti ne osserviamo camminando sulle Dolomiti, di tante nazionalità, dicono che camminando ne abbiamo sempre uno davanti o dietro, a meno di non essere col diedro solitario. I nostri CAMINI, belli fumanti, magari d’autunno, col profumo di polenta “brustolada” su un bel letto di soppressa e formaggio stravecchio…

 

 

Ma leggiamo con calma il nostro alfabeto da provetti rocciatori:

 

APPOGGIO – spesso e volentieri l’appoggio dello zaino a terra è vitale per la “progressione” di un Bortolot che altrimenti stramazza sul sentiero sopraffatto dalla stanchezza.

 

ASSICURARE – boh di solito ci pensa Marcel Ciste ad assicurarsi ed rassicurarci su mete, rifugi, itinerari, facili e alla portata di Franco Pippa notoriamente il più lento della combriccola e facilmente impressionabile (per lui una salamandra potrebbe diventare un coccodrillo…), adesso che ci penso anch’io devo ricordarmi di assicurare il furgon Bortolot.

 

ATTACCO – quest’anno è il fronte della pioggia… si prevede un attacco di rara intensità.

 

A VISTA – Max Maldepanza quando è a vista del rifugio innesta l’acceleratore sullo scarpone… altri in quanto a vista si va verso la presbiopia.

 

BARCAIOLO – sapevamo del “barcarol del Brenta”… comunque è un amico nostro, tale Toni di Burano.

 

CAPOCORDATA – semplicemente gran capo Marcel Ciste Bortolot.

 

CAVANUT – una tribù di indigeni scovati tempo addietro dalle parti del Clap Grant (zona Sappada/Pesariis), capitanati da Nilo de Gasperi.

 

CENGIA – Quando manca oramai poco al rifugio, al motto di “se strenze la cengia!” si tira dritto senza pause.

 

CHIODO – “No bàter ciodo” tipica espressione da Bortolot.

 

DISCENSORE – semplicemente scendere con l’ascensore… questa però non mi torna nel glossario da alpinista… mah chissà, devo ricontrollare il nostro vocabolario.

 

DULFER, MULTIPITCH, NUT e PRUSIK – mi sembra di ricordare una combriccola di amici, FRIEND per l’appunto, cechi e slovacchi con i quali abbiamo cantato in serbo-croato al rifugio Passo Santner sul Catinaccio.

 

FESSURE e INCASTRI – l’ essenza dei Bortolot, che si muovono con un “furgon” pieno di fessure e tra incastri di turni di lavoro, ferie, famiglia, impegni vari.

 

FREE SOLO – un Bortolot libero e… solo con gli amici una volta l’anno per il classico giro.

 

FLASH – con e senza flash, il mago Max scatta foto meravigliose.

 

GRADO DI DIFFICOLTA’ – diciamo che alcune RADLER e birre all’arrivo in rifugio siamo ancora in grado di sostenerle e ¼ di vino rosso ai pasti. Di più sarebbe IMBRiAGATURA.

 

MAGNESITE – la portiamo sempre in zaino, non si sa mai, un mal di testa, un dolorino, un po’ di zuccheri…

 

MONOTIRO – si sa che con l’età bisogna acontentarsi…

 

PASSAGGIO CHIAVE – Marcel Ciste a Robi Suem all’arrivo al furgon… “mi passi le chiavi?”.

 

RINVIO – a noi è capitato tante volte di rinviare… per pioggia, o anche solo per stanchezza. In questi casi se si è in montagna si va a funghi porcini… (vedi Bortolot a Dobbiaco ndr)

 

ROTPUNKT – un nuovo stile musicale che dobbiamo ancora scoprire bene… per intanto noi Bortolot in rifugio siamo per il genere popolare pop e leggero in genere e sui generis…

 

SPIT e SOSTA – in effetti aspettarci e fare soste è un po’ il nostro profilo… nei rifugi innanzitutto ma anche per osservare gli incantevoli posti che percorriamo.

 

UIAA – Unione Informale Amici Artistoidi.

 

VIA NORMALE – le nostre gambe vanno per le vie normali… il nostro cervello seguirebbe le vie ferrate… ma forse per quelle è meglio il treno.

 

 

…e così, liberato l’alfabeto, scollinato il passo d’Ombretta e fatto un incontro ravvicinato con un branco di stambecchi (magistralmente immortalati per i posteri dal colpo d’occhio di Max), eccoci in breve al rif. Contrin… che così a vederlo sembra un luogo molto frequentato probabilmente per la vicinanza alla Val di Fassa. Lì un furtivo scroscio di pioggia ma noi con “i pié sote la tola” asciutti. Squarcio di sole e via verso il rif. Passo di San Nicolò dove arriviamo dopo un’estenuante ma per fortuna breve salita su pascoli e sentieri fangosi. Il rifugio è privato e coccolo, in posizione panoramicissima tra Gran Vernel, Catinaccio, Sella e Cime d’Auta. Anche lassù temporale ma noi ancora con “i pié sote la tola” per un “errore grossolano” a scala quaranta.

 

Ed ecco la genialata per evitare il diluvio universale previsto il giorno successivo; Rinuncia ad un largo giro verso il passo San Pellegrino per ripiegare direttamente sul passo dell’Ombrettola e rientrare al rif. Falier.

 

Dal passo di San Nicolò è un susseguirsi di deviazioni in quota sopra il Contrin fino a raggiungere per ghiaie e silenzi assordanti il passo dell’Ombrettola (avamposto presidiato dagli alpini italiani durante la grande guerra).

 

Ci siamo solo noi e i nostri passi, ma il rumore di brusii lontani giunge alle nostre orecchie passando tra gallerie e trincee dismesse, testimonianza di vite difficili… e calpestando poi in discesa tra le rocce e le sabbie dei ghiaioni rottami, legni, latte arrugginite, fili, residui di quegli anni lontani ma vicini… imbattendosi in qualche cimelio che però lasciamo lì a perenne memoria delle sofferenze vissute da chi era lassù con le scarpe chiodate e separato dai propri affetti, al freddo e alle intemperie.

 

Discesone fino al rif. Falier e l’accoglienza stavolta diventa conoscenza con la Franca, gestore con la sua famiglia da generazioni. La pioggia arriva ed è un temporalone che provoca uno stillicidio di cascate dalle rocce tutt’intorno al rifugio ed anche sul canalone che avevamo appena percorso in discesa dall’Ombrettola. Con quel tempo potrebbe essere un “errore grossolano” essere in giro per sentieri se non attrezzati per il finimondo. A un certo punto spuntano un gruppetto di ragazzi fradici e stremati che dopo un primo momento di smarrimento, riscaldati e rifocillati si svelano essere emiliani ed aver percorso lo stesso nostro itinerario ma quasi totalmente sotto pioggia, grandine, nebbia e vento forte… Gli è andata bene, ma la preoccupazione dei gestori, che sapevano del loro arrivo, era stata evidente.

 

Tutto risolto, tutto bene e il giorno dopo giovani viandanti e Bortolot tutti sulla via di casa, lasciando dietro i ricordi di montagne immense e spettacolari e posando in fondo al cuore altri momenti di sana e allegra amicizia.

 

“Errore grossolano” sarebbe non fare tesoro di queste emozioni che sono invece “brillanti attimi” di vita vissuta. Viva la montagna e alla prossima avventura coi Bortolot.

 

 

Robi Bortolot

 

Trovate anche qui il file pdf dell’articolo apparso sul n° 1 Dicembre 2018 Anno XLIV del “Notiziario Sociale del Sezione di Vittorio Veneto del CAI“.

 

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