Profili di Pelmo e Croda da Lago

Un vaporetto di Bortolot in navigazione tra le Dolomiti.

Il vaporetto è in partenza… ehm il furgonetto… sì perché il giro Bortolot di quest’anno è stato sinuoso, una esse stile Canal Grande in una laguna di valli incantate e montagne epiche…


 
Dicevamo, il furgonetto leva l’àncora in uno stanco e afosamente assolato pomeriggio di metà settembre con a bordo gli ancora più stanchi Bortolot, come al solito reduci dagli impegni più disparati o direttamente da fine turno di lavoro… il Marcel, Robi, Franco, il Max, Mighèl e il nuovo “seggiolone”, Marco detto “bambino”, new-entry del Clan dei Bortolot, nonché autore del disegno-caricature che sfoggiamo sulle magliette nelle occasioni di “gala” (serate in rifugio! ndr). E proprio come un vaporetto il furgon naviga lentamente, capitano Robi al timone-volante, lasciandosi alle spalle piazzale Roma… ehm piazza del Campanile a Serravalle per dirigere nel nostro annuale mare aperto, le Dolomiti patrimonio Unesco, isole di roccia calcarea sorte dal mare per un regalo all’umanità, vere perle da preservare con rispetto per le generazioni future.
 
L’anguria propiziatoria si consuma velocemente a San Vito, primo e veloce attracco del “vaporin-furgonzin” e acclimatamento alle nuove arie salmastre silvestri d’alta quota, breve sosta e via andare che si fa sera.
 
La prima fermata è il ponte di Rucurto da dove si parte alla volta del rifugio Palmieri. Si naviga a vista, acque di torrente e foresta si fondono e costeggiando la “riva” nord della Croda da Lago sul finir del giorno, i colori del tramonto creano suggestivi profili dei palazzi di roccia vicini e lontani; la luna fa capolino a fianco della piramide di pietra dell’Antelao, illuminando a giorno la cuspide, il torrione sommitale parzialmente innevato. I riflessi lunari su sassi, neve e linee di profilo rimandano alle increspature del mare infinito, calmo e appena mosso dal solletico del vento… ogni tanto un albero in controluce sembra un faro che ombreggia il cielo terso. Al chiaro di luna si attracca al molo del rifugio, con le sue luci ovattate e calde, luogo accogliente e riparo dei viandanti-navigatori. Un “minestron” di verdure leggerino e la scala 40 sul fascicoletto camminamonti e diritti in “cabina” notte!
 
L’alba, come spesso accade nei nostri giri, ha il fascino antico della vita che ri-prende forma. Il sole sbuca come palla di biliardo sul mondo e i Bortolot risalgono sul canal-sentiero, stavolta fiancheggiando ad est la Croda da Lago e come un nobile palazzo si spinge sui nostri passi anche il Becco di Mezzodì, uno dei simboli di Cortina, effige sulle cartoline, che si specchia sul bellissimo laghetto del rifugio rimasto in fondo, sulla scia.
 
Praterie e solchi vallivi, muschi e detriti, profumi e sensazioni… e il Canal Grande prende forma con l’ansa verso il Mondeval, poi in su e in giù verso il Pelmo… accostando tiepide ruminanti mucche al pascolo come piccole gondole che lentamente si spostano di qua e di là, sfiorando malga Prendera-zattera trasporto latte e rincorsi e superati da ciclisti-barchini in duro allenamento… si giunge al rifugio Città di Fiume.
 
Il “Caregòn” è lì di fronte a noi, altissima Cattedrale innalzatasi dal mare con i suoi fossili. Ripartiamo e girando intorno alle sue guglie incrociamo tre giovani amici di Revine Lago che stanno facendo il periplo in giornata… abbracci, foto, battute e via verso le impronte di dinosauro e ancora in mezzo ai campi di mughi come distese di alghe fino al rifugio Venezia… ma guarda un po’ che nome, quassù tra le vette un angolo di laguna. Siamo giunti alla piazza San Marco dolomitica, coi colossi di pietra che fronteggiano il Pelmo oltre il “canal” del Boite; Cristallo, Sorapìss, Croda Marcòra, Antelao… musei vivi e interattivi che rimandano a ere lontane e galassie future… ammirarli e volerli sollevare col palmo della mano per scrutarli in ogni insenatura e poi riporli così, incastonati tra le conifere e le valli, giganti. E le ombre dei giganti si spalancano sull’infinito del tramonto come i campanili dei tetti di Venezia si intagliano sull’Adriatico. ->
Il rifugio è colmo di vita e brusii come uno struscio in calle… fumi e profumi si propagano nelle sale gremite… zuppa di farro e fagioli invitante, gulasch squisito, applausi a scena aperta alla cucina! Di buona mattina la colazione aggancia relazioni tra gli umani escursionisti e il gruppone del Cai Milano si prenota per un canto, due “cugini” francesi si offrono per l’autoscatto-selfie, una coppia di tedeschi osserva favorevolmente stupita la chitarra di Franco suonare sulle voci dei Bortolot… e il rifugio si sveglia deciso e improvvisamente rimane il rammarico di aver lasciato scorrere la serata precedente un po’ in sordina scavati dalla stanchezza di testa e gambe… Va bene così, la tranquillità ha avuto il sopravvento sull’ebbrezza, stabilendo però un nuovo primato brillante, suonare, cantare e ridere il mattino, poco prima di partire per ogni cammino… e vedere i gestori seduti e soddisfatti dichiarare “che bèl momento di relax, un breve momento mattutino perché tra un poco si ricomincia”, ci ha rallegrati.
 
Riprendiamo il giro; si sale direttamente sulle onde del Pelmo, nel suo fianco verso nord, sulla forcella Val d’Arcia, e poi giù sui suoi “geron” (facendo geroning, made in Marco ndr) come galleggiare sui cavalloni durante la tempesta, cercando l’onda più giusta per scivolare verso valle e giungere in velocità nuovamente al Città di Fiume. Reincontriamo i milanesi simpatici e ci scambiamo notizie e storia di questo nostro eclettico gruppetto di amici che va per le montagne da più di vent’anni (www.Bortolot.it).
 
Il pomeriggio mangia le ore e noi temporeggiamo sul da farsi non trovando un buco per dormire nonostante il fine stagione… poi per fortuna troviamo posto al Col Gallina coi gestori dal tipico accento ampezzano “aòo, che magnate stasera?”. Cambiamo prospettive e decidiamo di chiudere il giro della Croda da Lago attraversandola da sud a nord lasciandoci alle spalle il Pelmo e limando i Lastoni di Formin per forcella Rossa. In forcella Ambrizzola altro incontro con una coppia di amici di Revine Lago (e due!). La lunga discesa verso Rucurto tra i salti di roccia e le radici sporgenti, come un itinerario tra i rii nascosti di Cannaregio, è uno stillicidio di battute. Dopo le zuppe coi fagioli… “tira aria” e “l’ho dichiarata”; pensando a “ricordéve le pile”, la pila di Franco rimasta al Palmieri (una pila speciale con luce verde… hhhmm a cosa servirà?!?); richiamando alla mente una spaghettata dove progettavamo il giro… Marcel & co. quasi in coro “troven si posto in rifugio!!” e “vutu che sìe chi in giro a settembre, nissun pò” e per poco dovevamo rinunciare e tornare a casa, tutto strapieno!; e a proposito del pieno di gente in giro e la mole di turisti della domenica, el Mighèl se n’è uscito con la frase storica “come i petarèi co i và rento ‘ntèa pantiièra”; ma l’oscar è un termine dialettale oramai in disuso ma che rende bene l’idea, “lìspia”… e chiedete a Michele il significato che ve lo spiegherà con tutti i sinonimi e contrari (ocio). Poi gli incontri: Angelo Casanova detto Jack e le “ciacole”, Valeria e Guido del Cai Milano e la simpatia; menzione speciale a Mattia, Veronica, Francesca e Barbara (cuoca) del rifugio Venezia per l’accoglienza.
 
Arriviamo a fine esse Croda e Pelmo-Canal Grande con un vero Canal, il Franco e l’approdo al molo di Rucurto sul nostro vaporin-furgonzin è un inno alla gioia dello stare insieme e del condividere stanchezze e cime, di montagna e di vita.
 
La domenica è un grande extra-giro del Lagazuoi salendo la galleria del ’15-’18 e scendendo poi al laghetto glaciale sotto la maestosa “Basilica”-parete Scotoni dove Lacedelli ha aperto una via di roccia tra le più famose e ripetute… e un tuffo finale con avvitamento in gastronomia al rifugio Scotoni e l’incontro clou con due nostri amici dal Perù, per inciso Alpaca delle Ande… associati direttamente ai Bortolot.
 
Si torna a casa stanchi, scollinando il Falzarego verso l’Agordino… e qui c’è solo il silenzio a parlare, la tempesta Vaia ha già fatto tanto rumore e sradicazione… un colpo al cuore per me e i miei amici Bortolot vedere tanti alberi schiantati, tanti vuoti… un vuoto fisico che svuota anche l’anima… La speranza e la fiducia sono sentimenti ai quali aggrapparsi certi che la natura saprà riprendersi e rinascere… Grazie amici Bortolot e amici lettori, è sempre un piacere scrivere di montagna e di gente che la ama e la legge. Alla prossima.
 

             Robi Bortolot

 

Ho riportato qui il file pdf dell’articolo apparso sul n° 1 Dicembre 2019 Anno XLV del “Notiziario Sociale del Sezione di Vittorio Veneto del CAI“.

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