Su e zò per le Forcelle… e per la Pasta – Tra Friuli e Veneto un po’ di Alta Via dei Silenzi, dove le Montagne… Ascoltano

Domenica 28 agosto, 16.30, echeggia l’ultima nota del coro “Sconcertati”, saluto velocemente i coristi amici e con la famigliola fuggo da Malga Coro diretto spiderman a Revine, dove so ad attendermi il resto dei Bortolot in trepidante attesa per partire verso le montagne friulane.

Cavoli sono in straritardo, dovevamo avviarci alle 17 e sono quasi le sei quando parcheggio sotto casa… Stavolta per “colpa” mia e di un concerto, per altro fantastico, abbiamo ritardato e accorciato di un giorno il nostro classico giro. Pago pegno con Massimo, Franco e Marcello che fanno gli indifferenti fino a Lorenzago… in effetti l’attesa di un anno e il “sacrificio” sulla partenza val bene anche una cerimonia di consegna di un cappello “Bortolot” con scritta non ripetibile… vabbè dai dal Passo Mauria tutto si normalizza e un quinto Bortolot, Giovanni è definitivamente del gruppo. Alla luce delle torce arriviamo al rifugio Giaf… sempre più “straki e coti”, altro che le scarpinate dei primi anni. Tagliatelle al ragù per piacere e che piacere!… e che bontà!… e poi in camerata per una notte di riposo (si sa, nei rifugi il sonno ristoratore è assai raro, ma qui è capitato). Una giornata serena e calda fa capolino il lunedì mattina; la nostra meta per la sera è il rif. Pordenone. La salita è ripida e continua fino a forcella del Cason. In forcella la sosta è l’ideale per sacrificare pane e mortadella in quantità. Ustrega se la fatica si fa sentire, si sta talmente bene appollaiati al sole che vien voglia di bivaccare, ma non è neanche mezzogiorno e allora giù tra quei paesaggi di crode e silenzi fino a sfiorare il bivacco Marchi-Granzotto e poi su nuovamente per altra forcella Leone. Da lì è tutta una lunga discesa fin al rif. Pordenone. Anche se fuori orario la pasta ci sta eccome. Rispetto al Giaf, dove eravamo soli, al Pordenone il movimento è decisamente più intenso; in pratica il rifugio è pieno (la fama del Campanile?… o la fame?… visto che a dieci minuti si arriva in auto e la cucina è ottima… mah); un gruppo dalla Scandinavia, un po’ di soliti tedeschi (un fià come el parsemol), un gruppetto di alpinismo giovanile, e poi sparpagliati come noi.
I gestori vecchie conoscenze di vita e di Pramperet, lei in cucina, lui alle “legne”. Lì tutto profuma di Campanile, beh sì il famoso, quello di Montanaia, quello decantato dai grandi alpinisti veneto-friulani-giuliani e soprattutto dal Corona scrittore, scultore, alpinista… a proposito, in cortile c’è proprio una sua sedia-scultura in lavorazione; la leggenda narra che a sorpresa capiti su e scalpelli qualcosa per poi sparire per magia.
Corona, prendere o lasciare. Per la sera, il nostro Campanile è una montagna di cena e birra, no sen mai “passudi” e se poi ci mettiamo una chitarra e un po’ di canzoni che aggregano il mondo variegato dei commensali il gioco è fatto e l’appetito vien ehm… cantando. Vi era anche un bel bambino biondo attorno all’anno o poco più, camminava appena, i genitori erano simpatici e goliardici e cantavano assieme a noi solo che avevano la tavola imbandita e due bei bicchieroni di birra… e quelle birre a un certo punto si sono totalmente rovesciate sopra e sotto tutto… che ridere, e date l’attenzione ai bimbi quando ve la chiedono insistentemente sich! Di buon’ora ci si incammina su per la val Montanaia in cerca dell’ombra che emoziona e in effetti è così, questo alto bastione si staglia all’improvviso tra nebbie e foschie lasciandosi per lo più solo intravedere e oltrepassato il bivacco Perugini per un attimo compare in tutta la sua estetica bellezza. E ancora su alla forcella Montanaia ammiriamo questi anfiteatri di selvaggi ghiaioni. E da lì giù e su per l’ennesimo dislivello sulla forcella Scodavacca e giù al Giaf (ancora pasta!). I gestori del Giaf in un passato d’avventura andavano a cavallo fino in Russia (quando era Unione Sovietica) e più in là ancora (solleticatene il loro racconto che merita). Poi su al Passo Mauria per la congiunzione dell’anello degli Spalti di Toro. Dislivelli, dislivelli in quantità, salite e discese come le relazioni, i progetti, la vita, gli umori, grandi spazi che han fatto ridere e riflettere… e nei ricordi rimarranno indelebili alcuni momenti da chiedere direttamente ai Bortolot, ad esempio di zaini e de “piere”, o de “partide de tennis” o de cavalletti (che pesa) e de foto mai scattate, o de “ociai” e de telefonade “de lavoro”… Ciao amici THE END.

Robi Bortolot

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