Vivere i Rifugi Alpini

“L’arrivo a un rifugio di alta montagna è una delle più dolci emozioni della vita alpina; la visita delle esili pareti in mezzo alla durezza delle rupi, ispira un senso infinito di pace e sicurezza; s’acquieta l’ansia della salita ed è sospesa l’inquietudine del giorno a venire; il nostro cuore si apre alla tenerezza come quando, dopo un lungo viaggio, poniamo il piede sulla soglia sicura della nostra casa, e l’anima si colma di gratitudine per chi ha conosciuto il rifugio”.

Con queste parole Guido Rey esprimeva, nel secolo scorso, con tinte quasi di poesia, gli stessi sentimenti che si provano quando, dopo una giornata di trekking, si arriva al rifugio.
Il rifugio comunque, non deve essere il punto di arrivo, il fine di un’escursione, ma semmai una base logistica per andare in natura.

In Italia i rifugi sono circa un migliaio, per la maggior parte di proprietà del Club Alpino Italiano. Il record d’altitudine spetta con 4554 metri alla contestatissima “Capanna Margherita”, sulla Punta Gnifetti del Monte Rosa, e il minimo è raggiunto dallo “Stromboli”, un rifugio che si trova a livello del mare. Ma al di là dell’altezza a cui sono stati costruiti, i rifugi hanno tutti per lo meno due cose in comune. La prima è che si trovano quasi sempre in località splendide, in mezzo a pascoli o foreste, ai margini di ghiacciai o laghi, aggrappati alla roccia e davanti a panorami mozzafiato. Altro elemento in comune a quasi tutti i rifugi è il fatto di avere un custode – gestore.

Sulle Alpi, la maggior parte dei custodi sono guide alpine che sono pertanto in grado, oltre che di accompagnare, anche di consigliare itinerari e di illustrare nel modo migliore tutte le caratteristiche più importanti e le peculiarità del luogo.

(fonte: internet)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.