La Telenovela – In giro per i sentieri di Sappada… Rincorsi dalla pioggia e dal… Nilo

Nilo… mai nome fu più profetico… Il più grande fiume africano vs il più enigmatico rifugista del mondo, Nilo appunto, da noi ribattezzato DaNilo DeGasperi!! 37 anni in rifugio e ancora la parola magica all’arrivo dei viandanti “benvenuti” e l’arrivederci più profondo “buona vita”.

Un fiume, il Nilo…il mare, le dolomiti, fossili di mari antichi e il rif. De Gasperi, nido d’aquila sotto il Clap Grant, col suo gestore Nilo, marinaio o alpinista poco importa, navigante sulle onde delle Dolomiti silenti dell’alta via 6. Ma come siamo capitati noi Bortolot sul Clap? Ora ricordo, una squisita cena marinara con uno spaghetti allo scoglio da leccarsi i baffi, in quel di Giovanni, con contorno di calendari e Tabacco…mappe Tabacco. Proprio lì è nato il giro di quest’anno; al grido di “Bortolot”, un’eco di gioia tra una forcella e un ghiaione, tra un rifugio e un bivacco…eco di amicizie che una volta all’anno rinsaldano le radici del tempo che scorre lento e inesorabile. Dalla primavera piovosa si passa ad un’estate autunnale senza fine, che a settembre sembra allentare la morsa piovosa, regalando qualche squarcio di sole e tra un raggio e l’altro i Bortolot si muovono a bordo del pulmino da otto, nuovo (ma vecchio) mezzo di trasporto cumulativo che apre le porte alla new entry, Michele da Sarmede. Colpo di scena… Giovanni con una pantomima degna di una telenovela rinuncia al giro lanciando come pegno un invito per cena di pesce e paella al ritorno. Ebbene si parte! Con la seconda telenovela della previsioni del tempo che non ne azzeccano una. La gita Bortolot si avvia coi migliori auspici e la tappa da Da Vià a Domegge, rende la colazione superlativa. Marcello, “cucciolo” capogruppo da sempre, ha delineato un ottimo itinerario tra Comelico e Sappada, mentre Michele già lancia proposte per il centenario della grande guerra (mi sa che nel ‘15 si andrà sul Pasubio). Da Sappada al De Gasperi non si incontra anima viva e col Nilo diventa serata meditativa al rifugio tra musica e parole. Il Nilo incanta, s’incanta, stupisce, compare e scompare, interroga, s’interroga da vero personaggio-portavoce dell’Assorifugi; racconta dei tre fulmini che ha affrontato da solo con la spada nella roccia, su al rifugio, il “suo”rifugio, perché lassù il rifugio è la sua famiglia e lì siamo ospiti. Calma, pacatezza e niente ca…volate!! Parla Nilo. Al chiarore del mattino nessun segno di pioggia ma Il sentiero attrezzato Corbellini in disarmo causa la mole di neve dell’inverno scorso, ci costringe a ritornare sui nostri passi allargando il ritorno verso il passo OberEnghe dopo che all’andata avevamo percorso il passo Elbel, per giungere alla pista nera, parcheggio del nostro “BUSortolot” . Il tempo nel frattempo volge al brutto e ci permette giusto l’arrivo alle sorgenti del Piave; poco dopo, in cammino per l’obiettivo Calvi, il solito “scravaz” ci inumida fradici fin sulla porta del rifugio dove siamo accolti calorosamente dalla famiglia Galler (…ma Nilo con una telefonata aveva anticipato del nostro arrivo), che lo gestisce da tempo immemorabile. Christian ed Anna con Renata ed il “vecchio” Ettore son gestori di razza…sappadini doc, innamorati dei loro luoghi, custodi gelosi e sapienti delle storie e delle leggende che aleggiano su quei picchi di roccia, dolomia lontana, silente per davvero, ove ancora troneggiano i “fantasmi della Grande Guerra” …con trincee, postazioni in quota, fortini…lì i nostri alpini ed i kaiserjager austriaci si parlavano nei lontani inverni di guerra, aspettando di tornare amici per scalare nuovamente l’Avanza, il Peralba, il Chiadenis.
Anche al Calvi l’atmosfera è un po’ rassegnata per l’estate fredda e piovosa, ma la cucina di Renata ed Anna è invitante e riscalda il palato. Ci piace giocare a carte ed anche “ciacolare” coi gestori…e così entriamo in empatia e ci si confida.
Rispunta il giorno e non si vede, dove sarà andato? Se ne sta tranquillo dietro alle coltri di nubi ed invia folate di pioviggine che in breve si trasforma in nevischio…fa freddo e tira vento (anche stavolta le previsioni “sballano”, doveva migliorare…), ma non ci perdiamo d’animo, verso le undici e mezza una schiarita ci permette di provare almeno l’arrembaggio in territorio austriaco…praticamente lo scollinamento del monte Oregone, poco al di là del crinale. Ci tuffiamo nel vero senso della parola verso il rifugio Hochweinsteinhutte, ove giungiamo con la solita scorta d’acqua giù per le spalle e ci rifocilliamo con un bel piatto “senza confini”, per poi rapidamente e ripidamente rientrare a “casa” al Calvi. Appena in tempo per evitare il solito scroscio. Bloccati al rifugio decidiamo per pernottare nuovamente. La sera stavolta è rallegrata dalla presenza di un folto gruppo del Cai di Milano in gita premio. Con le peripezie di Franco che gesticolando mima la chitarra e accattiva i presenti, ci lanciamo in canti alpini coi coristi milanesi e intanto la cucina sforna il solito “bendiDio”. La sera s’infiamma dei nostalgici ricordi di Anna…della visita di Giovanni Paolo II°, che verso la fine degli anni ’80 giunse fino al rifugio e poi su fino alla vetta del monte Peralba (“perché lì è la cima e là devo arrivare…”così disse il Papa ai suoi accompagnatori)…e del the e della grappa ai mirtilli offertagli. Soprattutto racconta di Giulio, suo marito che non c’è più e che è stato un baluardo del soccorso alpino sappadino. Racconta Anna, e si commuove…e ci commuove, della corsa fatta da Giulio a recuperare il libro di vetta firmato dal Papa, prima che qualcuno lo portasse via e quel libro ora fa bella mostra a imperitura memoria in una teca al rifugio, con le foto di quella memorabile e storica giornata. Finalmente un sole radioso si alza la domenica, baciando la nostra determinazione. E salutando con ammirazione i gestori, invitiamo Christian a venirci a trovare, visto che dovrà scendere per visitare allevamenti di galline da uovo…sì, avete letto bene, galline ovaiole, la sua grande passione!?! Lassù ai 2300 metri del rifugio Calvi le crostate e la pasta fatta in casa hanno nell’impasto uova di galline montanare, che razzolano tra rododendri e roccette, guardando le limpide acque del rigagnolo che si chiama Piave. Scendiamo a valle del rifugio e parcheggiando alla Baita Rododendro ai Piani del Cristo una faccia conosciuta ci viene inaspettatamente incontro. Ma pensa un po’, è Giampietro da Costa di Comelico, che ha lasciato dopo 18 anni la gestione del rifugio Lambertenghi-Romanin al Volaia (e naturalmente buon amico del Nilo del Clap…). Ovviamente i ricordi del nostro antico e spiritoso passaggio riemergono vividi. Col tempo che è ancora ballerino decidiamo di salire e scendere velocemente dai laghi d’Olbe, veri specchi di limpide acque montane, gioielli che la natura ha partorito con notevole senso estetico. Così, finiamo in bellezza il nostro mezzo-giro tra le dolomiti sappadine. Torniamo a casa un po’ delusi dalle varie rinunce dovute al tempo da telenovela, ma soddisfatti degli umani incontri. Soprattutto vorremmo salutare da queste pagine la Gianna, una signora forte e generosa di Tolmezzo che lassù sul Peralba ha perso il suo amato figlio scalatore e che in suo ricordo passa ogni anno alcuni giorni al Calvi a far compagnia ai gestori. Lei, brillante e salomonica, ci ha insegnato la tempra della speranza e della vita che prosegue e va vissuta senza paure o rimorsi e ci ha regalato dei sorrisi che resteranno tra i nostri più bei ricordi. E come dice daNilo DeGasperi…”buona vita” amici…il resto sono ca…volate.
Robi “bortolot”

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