Superare Tratti Difficili

Capire quando è il caso, durante un’escursione impegnativa, di tirare fuori dallo zaino corda e moschettoni, non è facile…c’è sempre la tentazione di passare senza assicurazione, anche perché, visto che stiamo parlando di escursionismo, la difficoltà del (breve) passaggio non sarà certamente superiore al II grado in scala UIAA. Procedere in cordata per qualche tratto può essere necessario in salita (per via dell’esposizione e della difficoltà tecnica) ma soprattutto in discesa, giacché, al solito, scendere salti rocciosi è più ostico che salirli.

Vediamo brevemente cosa può essere utile avere con sé in questi casi e, in via del tutto esemplificativa, come conviene usare lo scarso materiale.
Va precisato con decisione che l’apprendimento delle tecniche di progressione in cordata è tutt’altro che semplice, richiede applicazione, impegno e, soprattutto, la frequentazione di un corso del CAI. Quanto qui riportato è il frutto dell’esperienza di un alpinista come tanti e non può essere sufficiente. A mio avviso, infatti, anche la lettura di un vero e proprio manuale di alpinismo non basta e rischia di fare solo confusione, figuriamoci quella di una pagina web…Ripeto, frequentare un corso di roccia o di escursionismo del CAI è necessario, anche perché è sul campo che verranno mostrate le diverse tecniche e si potrà venire corretti direttamente dall’istruttore, nel caso non si ripeta alla perfezione una manovra o quant’altro. Quanto qui riportato serva all’escursionista per incuriosirsi, affinché faccia il passo decisivo verso l’alpinismo, di cui, non le ferrate, ma l’escursionismo d’alto livello è l’anticamera, quando non già il primo passo.
Bene..il materiale! Consiglio di portare uno spezzone di corda da 10 mm di diametro e lungo 25 m (più è lungo e più pesa!), omologato come corda singola (numero di cadute al Dodero maggiore di 5 e forza d’arresto minore di 1200 daN; marchio con un uno dentro un cerchietto e, sotto, la scritta UIAA), almeno 6-7 spezzoni di cordino da roccia (8 mm di diametro e lunghezza di 1,5-2 m), chiusi ad anello con un nodo doppio inglese o a otto con frizione, e 8 moschettoni: 5 semplici e 3 con ghiera di chiusura. Questo è davvero il minimo! Tutto il materiale deve essere omologato per l’arrampicata (marchio UIAA) e adoperato solo per questa attività. Volendo si può portare qualche friend o nut, ma il loro impiego richiede “occhio” ed esperienza.
Prima del tratto difficile ci si lega ai due estremi della corda col classico nodo delle guide con frizione intorno alla vita, anche se un simile sistema implica grossi rischi in caso di caduta e sarebbe meglio utilizzare un’ imbracatura. Si cercano una o più clessidre od un masso incastrato ben saldo attorno cui faremo passare un cordino (questo punto si chiama “sosta”). Va bene anche uno spuntone ben pronunciato, a patto che il tratto da percorrere sia in orizzontale. Chi procede da secondo (soggetto B) dovrà ancorarsi alla sosta mediante un nodo barcaiolo fatto con la corda che parte dalla sua vita su di un moschettone a ghiera inserito nel cordino. Il primo di cordata (soggetto A) parte col resto del materiale, assicurato da B mediante un nodo mezzo barcaiolo, fatto su un moschettone a ghiera anch’esso inserito nel cordino di sosta. Lungo il tratto difficile, chi procede dovrà trovare altri spuntoni, clessidre o massi incastrati su cui far passare gli altri cordini ai quali andrà poi collegata la corda mediante un moschettone normale. Ultimato il tratto difficile o quando si è prossimi alla conclusione della lunghezza di corda, il soggetto A dovrà ancorarsi alla roccia come aveva fatto l’altro sotto di lui (cioè costruendo un secondo punto di “sosta”) e recuperare la corda in eccesso. Ora, messosi in posizione di assicurazione “a spalla”, potrà dire a B di disancorarsi e di raggiungerlo recuperando tutto il materiale. Si procede così finché il salto roccioso o la cengia esposta non ha termine. Il soggetto A dovrà essere quello più esperto dei due. In discesa si fa la stessa cosa ma chi procede per primo è il più inesperto e meno sicuro. Se pare conveniente (ma è raro!) si può fare una breve calata a corda doppia (di non più di una decina di metri, ovviamente, dal momento che la corda è lunga 25m in tutto). Attorno ad uno spuntone o ad una clessidra verticale o ad un solido masso incastrato si farà passare un cordino (inevitabilmente perduto) nel quale bisognerà far passare la corda doppiandola. Ci si cala “alla Piaz” usando come sicurezza un nodo Machard sulla corda, collegato autonomamente ad un cordino in vita. Finita la calata, si tira uno dei due rami della corda e la si recupera, facendo attenzione affinché non si incastri in fessure o altro. Se si dovessero fare più calate di seguito (quasi impossibile durante un’escursione!), bisognerà assicurarsi al punto di calata successivo, per tutto il tempo necessario a preparare l’ulteriore doppia.
Talvolta queste procedure non sono attuabili per la conformazione della roccia oppure perché la sicurezza dell’intera cordata non è accettabile (es: impossibilità di costruire soste “decenti”). In questi casi bisognerà valutare l’opportunità di procedere “in conserva” (gli alpinisti procedono simultaneamente, senza soste, quindi, ma piazzando un certo numero di protezioni intermedie ed agendo essi stessi da assicurazione dinamica per il compagno) o addirittura slegati.
Se il lettore non ha già delle conoscenze specifiche di progressione in parete, ben difficilmente potrà cogliere appieno quanto qui descritto. Non entro nei particolari proprio per evitare di far credere sufficienti le nozioni fornite. Serve la frequentazione di un corso di roccia, durante il quale si imparerà a fare i nodi, a costruire una vera sosta (garda, dinamica delle forze in gioco), a utilizzare i vari aggeggi per assicurarsi durante la progressione (chiodi, nut, friend, bong ecc..), a usare il mezzo barcaiolo, a mettere in pratica le manovre di autosoccorso della cordata, a capire i pericoli della montagna e ad affrontarli.

(fonte: internet)

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